Preghiera per la prima domenica Avvento 2020

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preghiera_1domenica di avvento

Canto

Salmo 95 (da Salmi d’Oggi – Sergio Carrarini)
Intonate un canto al Signore,
un nuovo canto di lode gioiosa,
un canto che coinvolga la terra
per benedire il suo nome in eterno.

Ripercorrete la storia della salvezza,
fate memoria attenta e contemplativa
dei grandi interventi di Dio,
della sua amorosa attenzione per l’uomo.

Adorate il Signore che è il Santo,
il Dio onnipotente e misericordioso,
il redentore e l’alleato dell’uomo,
il fondamento di ogni vera speranza.

Tutti gli idoli e i miti dell’uomo
sono solo seducenti sirene
o mostri che incutono paura
ma non possono liberare e salvare.

Solo Dio è amore e sicurezza,
brezza leggera e roccia inespugnabile,
perdono dei peccati e gioia di vivere,
pace, silenzio e comunione d’amicizia.

Lodate il Signore, uomini della terra,
lodatelo con cuore riconoscente;
lui solo amate e servite,
a lui solo la vostra obbedienza.

Ogni giorno, al mattino e alla sera,
e ogni domenica, il giorno di festa,
inginocchiatevi davanti al Signore
e ringraziatelo di esservi Padre.

Offritegli in dono la vita
e cantate per lui i vostri canti;
fate festa, gioite, siate liberi,
accogliete la sua Parola di luce.

Parlategli dal profondo del cuore
delle ansie, delle attese, dei sogni,
dei progetti per il vostro futuro.
Rinnovate la speranza che è in voi.

Ricordate che ogni persona, ogni fatto,
è guidato dalla mano di Dio;
c’è una meta che attende la storia,
un compimento al di là del presente.

+ Dal Vangelo secondo Marco (Mc 13, 33-37)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

 

Ascolta “1.Domenica d’Avvento 2020 – 29 Novembre” su Spreaker.

 

Riflessione – don Gherardo, missionario fidei donum della diocesi di Firenze in Ciad
Come ogni anno, la liturgia della Parola della prima domenica di avvento ci invita a riflettere sul discorso escatologico di Gesù, cioè il discorso che riguarda le cose ultime, in particolare quel discorso dove troviamo l’annuncio del suo ritorno nella gloria alla fine dei tempi. Nel testo del Vangelo di Marco che abbiamo ascoltato c’è un verbo importante, ripetuto tre volte alla forma imperativa: vegliate. Gesù racconta la parabola di un uomo che, prima di partire per un viaggio, lascia la sua casa affidando ai suoi servi il potere di custodirla, con un ruolo particolare riservato al portiere.
È interessante osservare, nel modo di raccontare di Gesù, il cambiamento di persona. C’è un passaggio un po’ brusco dalla terza persona del singolare alla seconda del plurale: “è come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi”, “vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino”. Ci accorgiamo di questa bella tecnica narrativa con questo passaggio dalla terza persona del singolare alla seconda del plurale, che ha come scopo proprio quello di coinvolgerci nel racconto, di farci sentire come la Parola ha il potere di trasformare la nostra vita.
Che cosa significa, dunque, vegliare? Potremmo dire che, prima di tutto, si tratta di fare memoria. I quattro possibili momenti del ritorno del padrone di casa richiamano il racconto della passione: alla sera Gesù si consegnò in pasto ai suoi, a mezzanotte fu tradito, al canto del gallo fu rinnegato, all’alba fu condannato. C’è un testo molto bello del profeta Isaia che parla del servo sofferente dicendo: “L’istruzione della nostra pace è su di lui, per le sue piaghe noi siamo stati guariti”. L’ascolto della Parola di Dio e la preghiera ci permettono di fare memoria di questo amore fedele del Signore, di combattere le false immagini di Dio. Il salmo 103 dice: “Non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe. Com’è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero verso quelli che lo temono”. Fare memoria, dunque, significa proprio riconoscere che il Signore tornerà allo stesso modo in cui è stato visto salire in cielo.
Vegliare poi significa essere fedeli nel servizio: il padrone prima di partire ha dato il potere ai suoi servi. Il termine greco impiegato in questo versetto, exousia, è quello che si trova all’inizio del Vangelo di Marco per descrivere il modo di insegnare di Gesù: egli insegnava come uno che ha autorità, exousia, e non come gli scribi. Questo potere è dunque il dono che abbiamo ricevuto, che ci permette di realizzare la nostra esistenza, di avere la vita, e la vita in abbondanza. Un grande artista, Pablo Picasso, diceva che il senso della vita è quello di trovare il vostro dono, lo scopo della vita è quello di regalarlo. Trovare il dono e regalarlo sono due compiti difficili, ed è per questo che il Signore chiama delle persone accanto a noi per svolgere il compito di portiere nella sua casa. Dietro questa figura del portiere possiamo vedere quegli uomini e quelle donne che si assumono delle responsabilità nella Chiesa per il bene dei loro fratelli e sorelle: catechisti, educatori, preti, suore, vescovi. Il portiere è chiamato a una doppia vicinanza: difendere gli abitanti della casa dall’intrusione di persone malintenzionate che potrebbero mettere in pericolo il bene del padrone, e al tempo stesso favorire l’accesso di quelli che si lasciano attirare dalla chiamata del Maestro, specialmente attraverso la testimonianza dei suoi servi. Proprio così, come auspica Papa Francesco nella parte finale dell’esortazione Evangelii Gaudium, la Chiesa diventa una casa per molti, una madre per tutti, e rende possibile la nascita di un mondo nuovo. Vegliamo, dunque, perché tutti possano vegliare, giungendo a conoscere il Signore a partire dell’amore che avremo gli uni per gli altri.
Lo storico romano Tito Livio attribuisce a Menenio Agrippa questa bella favola: una volta le membra dell’uomo, constatando che lo stomaco se ne stava ozioso ad attendere cibo, ruppero con lui gli accordi, e cospirarono tra loro dicendo che le mani non portassero cibo alla bocca, che la bocca non lo accettasse, che i denti non lo masticassero a dovere. Ma mentre intendevano domare lo stomaco, a indebolirsi furono anche loro stesse e il corpo intero giunse al deperimento estremo. Di qui apparve che l’ufficio dello stomaco non è quello di un pigro, ma che, una volta accolti, distribuisce cibi per tutte le membra. Se dunque le membra nutrono il corpo, questi a sua volta nutre loro, inviando a tutte le parti del corpo quel principio di vita e di forza che circola nelle vene, il frutto della digestione: il sangue.
Vegliamo dunque, e costruiamo dei ponti di amicizia, ed è questo che ci permetterà veramente di attendere con tutta sicurezza e con tutta fiducia Gesù che viene come un amico per salvarci.

Salmo 131
Signore, non si esalta il mio cuore
né i miei occhi guardano in alto;
non vado cercando cose grandi
né meraviglie più alte di me.

Io invece resto quieto e sereno:
come un bimbo svezzato in braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è in me l’anima mia.

Israele attenda il Signore,
da ora e per sempre.

Canto

Voce di uno che grida nel deserto 2 – video dal Ciad per la seconda settimana di Avvento

Eccoci alla seconda settimana, e con essa anche il secondo video dal Ciad!
Questa volta il gruppo che ci aiuterà a riflettere sul vangelo di Domenica è il gruppo vocazionale di Abéché.
Si tratta di un gruppo in cui i giovani che lo desiderano possono approfondire la loro vocazione. In particolare è per quei giovani che sentono un particolare interesse per la vita religiosa.
Questi giovani si trovano una volta al mese per riflettere sui diversi aspetti della vita religiosa, con testimonianze dei padri Comboniani e delle suore del Sacro cuore di Gesù e Maria, presenti nella città di Abéché. Ci sono anche testimonianze di famiglie della comunità.
Lo scopo è incoraggiare i giovani che sentono questo desiderio di vita dedicata a Dio, in un ambiente dove non sempre le famiglie accolgono di buon grado la scelta di seguire questa chiamata (soprattutto per le ragazze risulta molto difficile).
Buona visione!

Voce di uno che grida nel deserto 1 – video dal Ciad per la prima settimana di Avvento

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Ciao!
Il centro missionario mi ha chiesto di inviare un commento per ogni domenica di avvento. Mentre riflettevo sul da farsi, ho pensato: “ma cosa ho da dire io su questi testi di così importante?”. Così ho pensato che fosse più interessante provare a lasciare la voce alle persone che sono intorno a me, provare a mostrarvele se possibile, farvele conoscere in un qualche modo!
È così che è nato questo piccolo progetto. Ogni settimana di avvento vi invierò un video con una condivisione da parte di un qualche gruppo della parrocchia d’Abéché in cui mi trovo da ormai 7 mesi. Questo per provare a farvi respirare l’aria del Ciad, per farvi ascoltare alcune delle loro voci, provare a capire il loro modo di pregare la parola di Dio… Per provare a farvi toccare con mano questa realtà, per darvi la possibilità di dare un volto e un nome a questa terra così lontana e sconosciuta! Continue reading

Quel mattino a Lampedusa

20181209mattino_lampedusaI giovani che hanno partecipato al campo estivo a Palermo e Lampedusa propongono per domenica 9 dicembre alle ore 18,30 presso il Teatro Tempio (viale Caduti in guerra 196 – Modena)la lettura scenica del testo “Quel mattino a Lampedusa” per non dimenticare le vittime della tragedia del 3 ottobre 2013.
Al termine della lettura porterà la sua testimonianza anche Vito Fiorino, il “pescatore di uomini” che per primo arrivò sul luogo della tragedia, salvò parecchi naufraghi e diede l’ allarme alla capitaneria di porto.

Dopo il naufragio del 3 ottobre 2013 al largo delle coste di Lampedusa, il gruppo “Unser Herz schlägt auf Lampedusa” di Hannover ha preparato una lettura scenica che è stata presentat per la prima volta dallo Schauspielhaus Hannover e poi in numerose altre città in Germania e Italia.
Lo scopo del progetto è quello di sensibilizzare i giovani e gli adulti sul tema dei rifugiati.
Le domande centrali della lettura sono: cosa è successo quella mattina? Che cosa hanno vissuto i rifugiati? Come hanno reagito residenti, turisti, autorità? Potresti aver salvato più persone? Chi è il responsabile della tragedia? Cosa dovrebbero fare l’Italia e l’Europa per impedire che simili eventi si ripetano in futuro?
Antonio Umberto Riccò ha elaborato un testo scioccante di testimonianze e materiale documentario che apre prospettive diverse sulla catastrofe e, in particolare, lascia esprimere la parola ai residenti di Lampedusa. Il testo italiano è stato tradotto in tedesco da Francesca De Iuliis, Hartwig Heine e Marcella Heine.
Il musicista italiano Francesco Impastato ha composto sei canzoni appositamente per questo progetto.

 

Lettera di Giacomo dal Ciad per i rientrati dai campi estivi in Missione

DSC_0743Bentornati!
Ormai è passato diverso tempo dal vostro ritorno dai differenti viaggi! Ho sentito alcune voci da Modena e mi pare che tutto sia andato molto bene e che le esperienze siano state positive!
Qui in Ciad io mi sono ritrovato ad accogliere con i giovani Ciadiani il gruppo Italiano. È stato interessante vivere l’esperienza dall’altra parte. È stato bello vedere la fatica, le attenzioni, le preoccupazioni, le accortezze che si devono prendere per accogliere persone di un altro paese, di un’altra cultura e che parlano un’altra lingua. Di come sia bello impegnarsi, darsi da fare, organizzare, chiedersi come rendere il più piacevole e ricco possibile il soggiorno di questi giovani sconosciuti che arriveranno dall’Italia. Della fatica, dei lavori prima, durante e dopo per permettere tutto questo. Sentire il desiderio crescere dentro di te per l’arrivo di queste persone, e sperimentare la rapidità di queste tre settimane che, semplicemente volano. Continue reading

Lettera di Giacomo dal Ciad

un fratello lontanoNei giorni scorsi Giacomo, dal Ciad, ci ha scritto una lunga lettera con alcune cose tecniche ma credo valga la pena pubblicare la parte finale perché si tratta di una riflessione davvero molto bella e importante.

Sono davvero molto contento del mio tempo qui. C’è una frase di un amico italiano passato di qua che mi porto nel cuore “Giacomo, tu non sai fare niente, ma sei qui, bravo!”. C’era una certa ironia nella sua frase, ma la ritrovo profondamente vera. Io sto facendo esperienza della mia inadeguatezza, del non essere utile, di non essere capace di fare qualcosa di incredibile. Sto facendo cose che chiunque altro potrebbe fare, e probabilmente non sono nemmeno la persona migliore per fare quello che sto facendo. Altri mi hanno sottolineato un po’ questo aspetto dicendomi “insomma capiamo la bellezza di visitare le famiglie, andare in carcere… ma ci aspettavamo che tu stessi facendo qualcosa di più”. È in questa banalità se vuoi, in questa semplicità, in questo non fare la differenza che mi sto trasformando, e che sono occasione di trasformazione dell’altro. Continue reading